Molti pazienti domandano in cosa si differenzia la psicoterapia psicoanalitica dalle altre forme di psicoterapia. Freud definisce la psicoanalisi come un procedimento per l’indagine dei processi psichici, un metodo di trattamento per i disturbi nevrotici e una teoria del funzionamento della mente. È passato un secolo da questa affermazione e la psicoanalisi si è, per così dire, ramificata, diventando un grande albero. Ciò che lega tutti i modelli, che privilegiano diversi aspetti del funzionamento mentale del soggetto, è tuttavia la convinzione che l’inconscio abbia un ruolo fondamentale nella vita psichica. Nei decenni successivi alla morte di Freud, e soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, gli psicoanalisti hanno modificato la loro tecnica per “allargare il raggio d’azione della psicoanalisi” (Stone, 1954). Questo significa che oggi possono ricorrervi non solo le persone con un disturbo nevrotico, ma anche i pazienti più gravi, con un disturbo di personalità, e persino gli psicotici. Senza dimenticare i bambini. Alcuni psicoanalisti hanno sviluppato modalità di lavoro che consentono di lavorare anche con questi pazienti e, cosa non meno importante, di prevenire l’insorgenza di gravi psicopatologie. Solo per citare i più importanti, pensiamo a Bowlby (teoria dell’attaccamento), a Kernberg (terapia focalizzata sul transfert) e a Fonagy (teoria della mente). Quello che rende la psicoanalisi una forma di terapia unica e particolarmente efficace è la modalità con cui il terapeuta entra nella relazione con il paziente: qualunque sia la sua formazione, il suo strumento principale è il suo “sentire” oltre al suo “capire”. In altre parole si mette in gioco come persona e si analizza continuamente esplorando, da solo grazie alla sua analisi personale o insieme ad un altro collega nella supervisione, le sue difficoltà nel comprendere la persona che gli si è affidata.
Oggi sono presenti “sul mercato” altre valide forme di psicoterapia, basate più sul funzionamento attuale che sulla ricerca delle cause passate del disagio del paziente. Tuttavia, l’unico approccio che vede il terapeuta “farsi strumento” di cura è quello psicoanalitico che può avvalersi di diverse tecniche ma dentro una cornice dove il paziente non è un Oggetto da risanare ma un Soggetto, chiamato ad assumersi una sua parte di responsabilità all’interno del processo terapeutico.
Adriana Grotta